31.1.13

[RECE] Django Unchained



Scrivere di Django Unchained, e soprattutto scrivere nel modo più obiettivo possibile, è complicato per più di un motivo. Vero anche che ogni film di Tarantino è difficile da mettere sotto esame, specie per chi, come me, lo adora.
Ma andiamo con ordine e partiamo dall'inizio.

Prima di tutto, contrariamente a quanto affermato in molte e molte recensioni e uffici stampa vari prima, durante e dopo l'uscita del film, Django Unchained non è uno "spaghetti-western". E non lo è in niente, dalle situazioni alle tematiche, passando dai dialoghi fino alla messa in scena, dalle scelte stilistiche ai tempi della narrazione, dal linguaggio tipico di questo genere ai dialoghi. Niente di niente.

Fatta la premessa fondamentale possiamo continuare con le cose importanti, come il fatto che ok, non è uno spaghetti e va bene, ma se l'alternativa sono i classici di John Ford non ci sono punti in comune neanche con quelli, e in gran parte questo è vero.
Tarantino infatti è forse l'unico che potrebbe vantarsi di fare un western che in fin dei conti, a guardarlo da tutti i punti di vista, tanto western non è.
E' piuttosto l'occasione di Tarantino per dimostrarci tutto il suo amore per la black exploitation, omaggiando questo genere cinematografico con personalissimi tocchi di classe e un senso estetico più che raro, ma -e in questo caso sì- riprendendone le tematiche, una predilezione per un certo tipo di colonna sonora e il gusto per la violenza.
Amore già ampiamente dimostrato all'epoca di Jackie Brown, del resto, film che all'uscita non riscosse il successo sperato ma che fu rivalutato successivamente.
Con Django Unchained Tarantino ritorna sul genere con il grande merito (anche se storicamente inesatto, a voler essere proprio polemici) di dare grande importanza al ruolo del cowboy nero, che praticamente è la ragione che fa rodere il culo nero al vecchio Spike Lee. Lo schiavo da piantagione che diventa libero, si ribella e "rinasce" come cowboy.  E qui attenzione, non uno schiavo che riesce a liberarsi, recupera un cavallo, due colt e si finge un cowboy, niente affatto, ma un uomo libero come tutti gli altri e che in quanto tale può sfidare apertamente gli schiavisti così come i proprietari delle famose piantagioni di cui sopra. 
A questo proposito sono meravigliose le espressioni stupite dei gentiluomini di paese nel vedere il Doc. Schultz accompagnato da un uomo nero a cavallo, e senza catene, oltretutto! Fantastico.
Altra trovata geniale è il raid notturno dove si presentano tutti con un cappuccio bianco (chiaro riferimento, anche qui però storicamente inesatto) indossato al contrario, azzerando la visibilità di tutti i presenti. La scena della carica alla cieca mi ha fatto impazzire, lo ammetto.

Grandissime interpretazioni, che da sole valgono il prezzo del biglietto. Un Christoph Waltz bravissimo -ma da sentire rigorosamente in originale-, Jackson fantastico e un applauso enorme a Leonardo DiCaprio per essersi definitivamente scrollato di dosso l'aria di fighetto guadagnata con Titanic. Dopo Shutter Island, Inception e questo Django non ho veramente più nulla da rimproverargli.
A ben vedere Foxx è proprio il più spaesato della compagnia e decisamente mono espressione, ma bisogna sempre ricordare che è circondato da pezzi da 90 che fanno il film al posto suo.
Ah, per chi se lo stesse chiedendo Waltz è usato in maniera del tutto differente rispetto a Inglorious Basterds, con un personaggio scritto benissimo e con un'interpretazione magistrale. Idolo.

Tanti meriti ma anche qualche stonatura, se così vogliamo definirli. Tarantino o si ama o si odia e questo è uno dei film più Tarantiniani di sempre (IL più Tarantiniano di sempre?), con tutto ciò che questo comporta.
C'è tutto quello che fa del regista quello che è: tanta verbosità, lungaggini più lunghe del necessario e, a questo proposito, il film è esageratamente lungo per quello che racconta, personaggi e dialoghi sopra le righe e l'uso della tensione che esplode in momenti di totale violenza che coinvolge tutto e tutti. Si potrebbe anche aggiungere che il cameo di Franco Nero è insignificante e si poteva tirare fuori qualcosa di infinitamente meglio, i dialoghi sono sì brillanti ma che ogni -e sottolineo ogni- personaggio sia sopra le righe e abbia battute meravigliose è ben poco plausibile, senza contare che la storia-missione del protagonista tradisce poco pathos rispetto a quello che sarebbe stato lecito aspettarsi, specie per quanto riguarda l'aspetto romantico della vicenda, ma questi sono tutti appunti presi andando a cercare il proverbiale pelo nell'uovo, perché la maggior parte degli spettatori a tante cose non ci farà neanche caso, persi tra i dialoghi, le interpretazioni e la messa in scena squisitamente Tarantiniana. Tutte cose che vi faranno felici e vi permetteranno di godere il film che vi aspettavate se, come me, siete amanti di Tarantino, ma che potrebbero risultarvi come fumo negli occhi se invece siete suoi detrattori.
La cosa è matematica, perché qui il regista non va alla ricerca di niente di nuovo, "limitandosi" a mettere in scena quello che sa fare meglio, con gli stessi risultati di sempre.
In molti casi questo potrebbe dare l'impressione che con quest'ultimo lavoro Tarantino sia più attento all'aspetto che non alla sostanza, andando così incontro a tutte le critiche che da sempre gli muove contro chi lo reputa un tantino troppo sopravvalutato.

Questo vuol dire che, tolti i detrattori di cui sopra, tutti gli altri troveranno tutto quello che hanno già visto e amato nei precedenti lavori del regista, godendo parecchio. Dialoghi scritti benissimo, personaggi molto ben caratterizzati e sopra le righe, interpretazioni da brivido, una buona ricostruzione del periodo, tanto citazionismo postmoderno che fa sempre più figo, una colonna sonora straordinaria e azzeccatissima come sempre, una fotografia da dieci e lode e una regia pulita e vivace, sempre ispirata e divertente.
Insomma, proprio tutti gli ingredienti che fanno del cinema di Tarantino quello che è, e che grosso modo ci spingono ad andare a vedere i suoi film prima e ad amarlo poi.
Oppure odiarlo a prescindere, ma perché farsi un torto del genere?
Pensavo che l'autolesionismo pagasse solo in Jackass, no?

In ogni caso, se state leggendo questa recensione e avete avuto la pazienza di leggerla tutta, non credo che odiate profondamente Tarantino, quindi andate a vedere Django Unchained felici e contenti, che è pieno di roba buona e fosse anche solo per le interpretazioni ne varrebbe sempre e comunque la pena.



29.1.13

Prove John Doe




Alcune tavole di prova per John Doe, quando non era ancora Dio in persona ma un semplice dipendente della Trapassati Inc., la premiata ditta di Morte sulla terra.

Bei tempi.


Opportune misure di sicurezza...



In caso di necessità potrete facilmente trovare i sacchettini comodamente alloggiati sotto il sedile della vostra postazione.

Nota a margine: temo seriamente che con il passare del tempo e della crescente smania per il 3D a tutti i costi il fattore tutine andrà sempre peggio. Questo vuol dire che se già adesso guardo un film Marvel/DC su 10 il futuro non promette nulla di buono.

28.1.13

Più gente entra più bestie si vedono



Per la televisione non provo nessun tipo di amore e/o feticismo particolare.

E' bellissima, purché resti spenta.
Come puro oggetto di design può conquistare ed essere sapientemente perfezionato, fino ad incontrare il gusto di chiunque, certo, ma una volta accesa sono dolori.

Principalmente quando mi ci siedo davanti è per guardarmi un dvd e istruire così la mia dolce metà, oppure per godermi qualche piccolo grande capolavoro videoludico, istruendo così la mia dolce metà.
Ci sono delle eccezioni, però, mi tocca ammetterlo.
Una di queste -ultimamente quasi la ragione principale, a dirla tutta- si presenta il venerdì sera, e qualsiasi cosa succeda dentro e fuori casa, metto su La7 e mi godo Crozza.



E capisco che alle volte vale la pena accenderla, la televisione, specialmente di venerdì.

Lunedì nerd.










Ma cosa gli vuoi dire, a un lunedì così?

24.1.13

Quattro -ma quattro- chiacchiere su PES2013


Dopo essere stato un Fifone convinto per più di qualche anno, stavolta ho fatto mio l'ultimo PES, che mi sta convincendo non poco.
In pratica è Pro Evolution Soccer che diventa Fifa, perché dopo anni e anni forse arriva il momento in cui sarebbe conveniente prendere nota da chi fa meglio e cercare di imparare qualcosa.
E qualcosa, che in confronto agli ultimi episodi della serie è tantissimo, è migliorato per davvero.


I passaggi sono migliorati, l'intelligenza artificiale anche, c'è qualche gradita aggiunta, i modelli poligonali sono molto buoni, le animazioni sono quasi sbalorditive e, in generale, mi sta divertendo molto, anche se qualcosa su cui lavorare c'è ancora ed è inutile nascondersi dietro un dito.
La telecronaca, per esempio, continua ad essere un annoso problema, e non a livello di "interpretazione" (Pardo è bravissimo) quanto di tempistica. Trascurato anche tutto quello che è fuori dal terreno di gioco, con   un bordo campo sempre anonimo e che potrebbe essere sicuramente trattato con maggiori attenzioni.
E' sempre presente poi il trauma da trasferimento, con formazioni sempre aggiornate a metà che mettono la patata bollente direttamente nelle mani del videogiocatore. I casi di Cassano e Pazzini sono abbastanza clamorosi per un gioco che vorrebbe essere il titolo di riferimento per il genere.


Tra le mancanze si nota ancora quella delle serie B, che sicuramente farebbe felici molti e molti fan appassionati, e su questo punto Fifa stravince ancora, con la solita scelta infinita di campionati  e squadre appartenenti ad ogni nazione. Magari si potrebbe mettere a punto anche qualche opzione di gioco in più, visto che le principali restano solamente il Campionato Master (anche con la sua controparte online) e Diventa un Mito, oltre alla possibilità della Champions.
Tutto sommato un po' pochine per rappresentare una minaccia allo strapotere targato EA.

Per il resto, Champions, Europa League e Libertadores ufficiali sono il sogno di ogni appassionato, e quando perfettamente inserite nel campionato Master (l'unico disponibile) è una gioia un po' per tutti.


Giocare a difficoltà professionista completamente in manuale (senza nessuna impostazione assistita) è divertente e godurioso, catastrofico all'inizio ma soddisfacente dalla media alla lunga distanza. Si è fatto molto in termini di animazioni e realismo, e ogni azione deve essere ben pensata e ponderata a livello tattico.
Alle difficoltà più alte il gioco dimostra il meglio di sé, con pochi bug -al massimo della difficoltà, poi, non si riscontra nessun problema di IA deficitaria- e l'atmosfera da partita vera.

Un applauso alla Konami che ha migliorato tantissimo (ma questo, però, deve essere solamente un punto di partenza) anche se, arrivati al 2013 e non avere ancora la Bundesliga...

23.1.13

Metal Gear Rising: Revengeance - Affetta che ti passa




E' il 25° (minchia come passa il tempo quando ci si diverte!) anniversario della serie Metal Gear e, in attesa dei nuovi progetti come un certo Ground Zeroes, è imminente l'uscita di Metal Gear Rising: Revengeance (in uscita dal 21 febbraio), titolo che di MG ha solo il nome, dato che sarà un hack-and-slash e quindi completamente diverso, come impostazione e ritmo di gioco, a qualsiasi altra produzione targata Kojima Productions.


Uno spin-off che ha Raiden come protagonista e, ricordiamolo, non è più il simpatico quanto ambiguo Raiden di Sons Of Liberty ma quello cazzuto quanto mortale di MGS4, il che fa una bella differenza.
Un titolo che dovrà inevitabilmente scontrarsi con altri esponenti del genere come Bayonetta e Devil May Cry, viste le simili meccaniche e opportunità di gioco. Kojima e il suo team, comunque, non sembrano preoccuparsi troppo, e nonostante non sia un vero e proprio Metal Gear Solid comunque la cura e l'attenzione ai più piccoli dettagli è quella di sempre.
Personalmente avrei preferito vestire i tecnologici panni di Gray Fox, ma chissà che non sia un personaggio sbloccabile...magari finendo il gioco alla difficoltà più alta. Sarebbe fantastico ma, al momento, siamo soltanto nel campo delle pure congetture.

Azione a più non posso, tanta varietà (la parola magica usata più di una volta dagli sviluppatori) e la possibilità di affettare qualsiasi cosa passi su schermo.
Io sarei felice anche così, ma chiaro che se ci aggiungono anche una sceneggiatura all'altezza, una buona storia e una colonna sonora da brivido non potrò che applaudire e umilmente prostrarmi.

Quelli qui sotto sono i boss che inevitabilmente dovremmo ridurre a fettine durante il nostro cammino.
No, purtroppo niente Shinkawa a questo giro.



Ma quant'è figo l'ultimo?



22.1.13

[RECE] Le Storie - No Smoking



La Chicago, e più in generale tutta l'America, degli anni 30 e 40 è famosa, al cinema quanto su molte e molte pagine, più o meno romanzate, per aver creato un immaginario che poi tanto immaginario non è, pieno di spunti e punti di forza sui quali costruire storie dure e avvincenti.
In quegli anni, infatti, è nata ed è successivamente andata crescendo una passione smodata per tutto ciò che fosse "gangster".



Modi precisi di comportamento, impermeabili, completi gessati, atmosfere buie, piovose e sfondi malfamati che facevano da perfette scenografie alle gesta di uomini decisi e pronti a tutto, sanguinari e sempre sul filo del rasoio.
Storie dove si parla poco ma in compenso si spara tanto. Prima esplodi qualche colpo e poi fai le domande, se proprio c'è da chiacchierare. Storie dove non ci si può fidare di nessuno, nemmeno della propria ombra, perché il pericolo è sempre in agguato, ed è pronto a spararti a bruciapelo quando meno te lo aspetti.


E' proprio questa la cornice sulla quale Pasquale Ruju imbastisce la storia e le azioni dei personaggi che danno vita al suo No Smoking, storia che attinge e strizza l'occhio a tutto un ben codificato mondo di situazioni e modi di fare resi famosi da film capolavoro come Pulp Fiction, Scarface, Il Padrino e Quei Bravi Ragazzi, con il loro linguaggio, gli inseguimenti a velocità folle tra le tortuose vie cittadine e il dito sempre fisso sul grilletto del fidato Thompson, l'unico e solo angelo custode in certe stuazioni.

Ruju ha il merito di ricreare perfettamente le fumose e tese atmosfere che proprio in questi -e molti altri- film abbiamo avuto il piacere di ammirare, e lo fa con un ritmo da blockbuster hollywodiano.
No Smoking, infatti, parte lentamente con un protagonista anonimo e insignificante, con una tensione crescente e una narrazione che si sviluppa in prima persona, con dialoghi cadenzati, con continui rimandi tra passato e presente, per poi crescere man mano che la vicenda si sviluppa, fino ad esplodere nel finale che non ti aspetti, dove un'unica sigaretta, quando ne hai più bisogno, è capace di fare la differenza.


Se poi il tutto è raccontato dalla matita di un meraviglioso Carlo Ambrosini (Napoleone, Jan Dix, Dylan Dog), capace di rendere perfettamente il tutto, dalle atmosfere alle ambientazioni fino alle movenze dei personaggi, passando per le espressioni e gli stati d'animo. Sembra davvero di trovarsi lì, sotto la pioggia e con l'odore di bisca clandestina talmente impregnato nel giaccone da seguirti ovunque tu vada.
Non mi viene in mente proprio nessuno che avrebbe potuto fare lo stesso, splendido, lavoro.

Non un invito a fumare, ma sicuramente uno bello grande a leggere questo gioiellino, perché la coppia Ruju/Ambrosini al lavoro su un'ambientazione del genere è proprio da non perdere!

P.S.
 Colgo l'occasione per ribadire ancora una volta la bontà di questa iniziativa editoriale, che su quattro uscite ha fatto quattro centri perfetti, senza sbagliare ancora nulla.
Una cavalcata trionfale per quello che è stato sicuramente il progetto dell'anno appena trascorso.

21.1.13

Davvero n.2 - Troppi Cambiamenti



Con questo numero le cose iniziano (?) a farsi davvero complicate per Martina, che arrivata a Milano deve combattere con tutti i suoi coinquilini, ognuno con la propria personalità ma in compenso tutti freddi e scontrosi nei confronti della nostra, che abituata a qualsiasi agio e ad averla sempre vinta senza fatica in tutto e per tutto, ha in più l'aggravante di provenire da una famiglia benestante della Brescia bene, si attira facilmente addosso tutte le antipatie del resto del gruppo.


In suo aiuto interviene però Selena, personaggio esuberante e ben scritto, dal carattere diametralmente opposto a quello di Martina. Sele sembra avere fin da subito una particolare simpatia per l'impacciata protagonista, facendola sentire a proprio agio, consigliandola sulle scelte migliori da fare e diventando per lei una sorta di sorella maggiore, sempre pronta a porgere la spalla su cui piangere.

Molto buona la prova ai disegni di Antonio Lucchi, creatore grafico di Selena e quindi il disegnatore perfetto per illustrare la sua entrata in scena. Un segno fresco e dinamico che si adatta bene alla resa delle movenze e delle espressioni, fantastico per dare vita a un personaggio pieno di grinta come questo ma anche per tratteggiare tutta la titubanza di Martina nei confronti dei tanti -troppi- cambiamenti che le accadono intorno.




P.S.
 Nel frattempo è diventata ufficiale la notizia che dal quarto numero della serie Davvero uscirà a cadenza bimestrale, quindi le date d'uscita note al momento sono il 7 febbraio per il terzo albo e il 24 aprile per il quarto.


Buon lunedì.











16.1.13

[30 seconds sketch] Frank_



Sketch da poco meno di 30 secondi, e si vede.
Frank Lampard in diretta dallo Stamford Bridge, per ora.

15.1.13

Ossessioni e marchi di fabbrica di Howard Chaykin



Su Conversazioni sul fumetto, e più precisamente QUI, Antonio Solinas firma un interessante pezzo riguardante l'ossessione di Howard Chaykin per la fellatio e per il suo modo di raccontare il noir -e non- pieno di ardite inquadrature e servizietti veloci veloci.


Sicuramente un autore completo che andrebbe studiato per più di un motivo, dai dialoghi alla composizione della pagina, sempre alla ricerca di inquadrature decisamente esplicite capaci di essere chiare anche quando non mostrano direttamente, sia da molti sceneggiatori che da parecchi disegnatori.



Una delle sue più controverse e ispirate opere è Black Kiss, che resta, oggi come allora, una bellissima lettura e, soprattutto, un prodotto di rottura e di grande impatto sul mercato. Considerate che persino oggi il fumetto americano è estremamente attento alle censure e permette pochissimo in termini di libertà e provate ad immaginarvi l'uscita di un albo del genere nell'America degli anni ottanta.

La Magic Press ripropone questo grande classico in una nuova veste, molto bella e curata, da non lasciarsi sfuggire per molti motivi.



14.1.13

Dalla Turchia con il furgone




Sembra che il trasferimento di Sneijder -anche se sinceramente non ho capito se l'olandese al momento sia effettivamente dentro o fuori dalla compagine nerazzurra- al Galatasaray sia minato dal fatto che la sua bellissima consorte abbia girato, ormai ben sette anni fa, una scena di un film nel quale metteva in mostra la sua parte migliore.

La scena incriminata sta facendo il giro del mondo e pare che sia proprio l'atteggiamento di Yolanthe Cabau -accusata addirittura di vilipendio alla religione- a far infuriare i musulmani, che di riflesso non vedono di buon occhio l'arrivo dell'olandese, con tutto ciò che la cosa potrebbe comportare.

Quel che è certo è che i turchi hanno memoria lunga.
E fanno film pessimi.


Siano santificate le domeniche...


Ma anche i lunedì in fondo dovrebbero meritare un bel trattamento.
Ricomincia la routine, ricomincia il lavoro/la scuola, le incombenze, i rompipalle che si riattivano, i soliti ritmi stressanti, il datore di lavoro, il telefono che squilla a tutte le ore, le cavallette che piovono e tutta una serie di altre cose ben poco piacevoli.

Ma tralasciando le cazzate, la verità è che se non vedo un post a tema nerdcore per pagina non riconosco più il blog, e quindi bisogna fare tutto il possibile per evitare una cosa così triste.

Cosa potrebbe esserci di meglio, dunque, di queste tenere donzelle alle prese con nerdume vario?








Già che ci sono...buon lunedì!